Paul Watzlawick, uno psicologo che si è occupato di approfondire i meccanismi della comunicazione umana, affermava che “è impossibile non comunicare”. Tutto è

Paul Watzlawick, uno psicologo che si è occupato di approfondire i meccanismi della comunicazione umana, affermava che “è impossibile non comunicare”. Tutto è comunicazione. Anche un sintomo ed i comportamenti associati, infatti, possono assumere il valore di un messaggio comunicativo trasmesso dalla persona.
Quando non riusciamo ad esprimere le nostre emozioni possiamo trovarci di fronte all’anestesia emotiva, ovvero all'incapacità di esprimere ciò che proviamo, tendendo ad ignorarlo o nasconderlo. Quando parliamo di anestesia emozionale in psicologia, possiamo riferirci all’alessitimia che, letteralmente, significa “assenza di parole per esprimere le emozioni”.
Anestetizzare i sentimenti, tuttavia, non significa affatto non provarne: le emozioni sono anestetizzate, difficili da esprimere, razionalizzate e, spesso, provocano disturbi psicosomatici.
Le emozioni hanno una funzione indispensabile: esistono perché ci salvano. Anche quelle considerate negative, se ben gestite, hanno importanti scopi. Per fare solo qualche esempio, si pensi alla paura e alla rabbia:
- la paura ci salva indiscutibilmente la vita perché ci permette di non incorrere in condotte pericolose per la nostra incolumità;
- l’emozione della rabbia ci serve a comprendere le cose che non ci piacciono, che non fanno per noi, dalle quali allontanarsi.
Le persone che provano anestesia emozionale hanno più difficoltà a:
- entrare in contatto con le proprie emozioni
- comunicarle agli altri e a sé stessi
- affermare i propri bisogni connessi affrontando i possibili conflitti che ne possono derivare.
Quando l’anestesia emotiva intacca la vita di coppia si può innescare un ciclo della violenza. Pensiamo, ad esempio, a quando uno dei partner non è in grado di gestire ed esprimere la rabbia, con il rischio di mettere in atto una spirale di aggressività e violenza via via sempre maggiori. In altri casi le conseguenze dell’anestesia emotiva riguardano la sessualità, quando la paura dell’intimità impedisce di condividere con l’altro le proprie emozioni più profonde.
Questo fenomeno, tuttavia, non ha solo ripercussioni sulla vita di coppia e può riguardare tutti i tipi di relazioni, inclusa quella genitori-figli. Ne è un esempio il caso di quei bambini e ragazzi che non riescono a parlare di cosa provano e sperimentano l’anestesia emozionale durante la separazione dei genitori. O ancora, il caso di un bambino che vive un lutto complicato o un abbandono da parte di una figura significativa.
Che si tratti di controllare le emozioni in amore o nei rapporti di lavoro e di amicizia, ciò che accomuna il disturbo psicologico del sentirsi anestetizzati è la possibilità di somatizzare ogni emozione. I sintomi psicosomatici sono molteplici e possono manifestarsi attraverso i vari apparati. Alcuni tra i più comuni sono:
- gastrite, colite o ulcera;
- ipertensione;
- mal di testa, crampi muscolari o stanchezza cronica;
- asma bronchiale;
- freddo psicosomatico;
- psoriasi, dermatite psicosomatica oppure orticaria.
Escluse le origini organiche e fisiche, può essere funzionale migliorare le proprie capacità di introspezione e centrare il focus sulla propria emotività, in particolare sulle modalità di esprimere, manifestare, comunicare a sé stessi e agli altri, i vissuti emotivi negativi.
Può essere utile concentrarsi sulle relazioni (sentimentali, amicali, lavorative, familiari) attuali o passate, o su altre possibili fonti di stress e sul modo di fronteggiarle, ad esempio, in un particolare momento del proprio ciclo di vita personale.
Può essere funzionale anche ritrovare la consapevolezza dei propri bisogni: riflettere su di essi è un ottimo punto di partenza. A volte tendiamo ad ascoltare molto gli altri e poco noi stessi, invece è innanzitutto necessario accogliersi, ascoltarsi, ritrovare dentro sé stessi il baricentro emotivo.
Per comprendere il significato dell’anestesia emozionale, le cause ed il modo di affrontarla, può essere fondamentale decidere di intraprendere un percorso di psicoterapia. Attraverso tale percorso sarà, infatti, possibile dare un senso al proprio malessere e capire come esso si connota nel qui e ora. In questo modo si potrà riscoprire l’emotività come risorsa e non come limite, attraverso il valore indiscusso della propria unicità; perché quando non riusciamo ad esprimere i nostri vissuti attraverso le parole, il corpo prova a dar loro voce in altri modi.
Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa Psicoterapeuta
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