Simbiosi madre/bambino ed effetti da adulto
Essere madre è un cammino davvero emozionante ma anche caratterizzato da diverse insidie, rotture e riparazioni. Il legame con il piccolo parte da lontano, quando il bambino non è ancora in utero ma abita nel cuore, quando non è ancora in carne ed ossa ma è un bambino fantasmatico; legame che prosegue poi per il resto della vita, anche quando il figlio è anagraficamente adulto. Il rapporto affettivo tra madre e figlio dovrebbe camminare in bilico tra presenza e giusta distanza, tra cura, accudimento ed autonomia.
L’alternanza di amore e giusta distanza, però, non è sempre di facile attuazione. Si tratta di una danza chimerica tra i bisogni della madre e quelli del figlio, tra le proiezioni della madre e le sue paure. Tra il sommerso e l’irrisolto che muovono le fila di molti comportamenti o bisogni del cuore e un bambino che cerca di fuoriuscire a fatica dal contenitore famiglia.
Quando il bambino è piccolo la madre, solitamente, è particolarmente accuditiva. Dalle sue cure e attenzioni dipende la sua crescita psico-fisica, il suo benessere ed il suo futuro. Il bambino cresce ed il rapporto madre-figlio comincia ad evolversi. Cambiano gli equilibri e l’ago della bilancia si sposta verso il polo dell’autonomia fisica e psichica. La madre, nonostante rimanga sempre presente, dovrebbe fare un passo indietro.
Alcune madri, però, hanno difficoltà a prendere le distanze dai loro bambini perché pensano che, senza la loro indispensabile presenza, gli stessi non siano in grado di muoversi liberamente nel mondo e perché loro, le madri, non avranno più motivo di esistere senza il loro ruolo ed identità materna. Alcune madri, per struttura di personalità, perché a loro volta sono state cresciute da madri ingombranti ed onnipresenti delle quali ripropongono le orme, perché sono infelicemente coniugate e per diversi altri motivi, possono diventare madri iper vigili, controllanti, esuberanti, iper presenti e sostitutive dei bisogni dei figli.
In pratica, effettuano un pericolosissimo spostamento dalla loro vita e dai loro più segreti bisogni a quella dei loro bambini. Cercano di avere il controllo su tutto pensando di sapere quale sia la scelta migliore per il loro bambino, atteggiamento che si acuisce quando il bambino cresce ed inizia a prendere le proprie decisioni in autonomia come quale liceo frequentare, quale fidanzato o fidanzata amare, come vestirsi, truccarsi, farsi o non farsi la barba.
Le madri irrisolte ed invadenti considerano i figli come se fossero di proprietà personale, piccoli, da accudire e fragili in un mondo così pieno di insidie e minacce: un bene prezioso di cui occuparsi e preoccuparsi, sempre e per sempre. Questo legame tossico ha, però, diverse implicazioni per lo sviluppo emotivo, psichico e sessuale dei bambini.
I figli che vengono cresciuti con la costante percezione dell’ansia materna possono diventare a loro volta adulti ansiosi ed insicuri, fragili e spaventati dal nuovo e con una scarsa autostima. Probabilmente non saranno in grado di cavarsela da soli e potrebbero appoggiarsi a partner dominanti dai quali farsi guidare nella speranza di ricevere in cambio cure e sostegno psicologico di genitoriale memoria.
La possibilità data ai figli di cadere e rialzarsi per trovare il proprio baricentro psichico in realtà rappresenta una grande manifestazione di amore da parte delle madri in quanto consente ai figli di crescere e fare le proprie esperienze, poiché amare e lasciare andare, spesso, rappresentano la stessa cosa.
Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Psicoterapeuta