Stili e conflitti nella genitorialità

Pubblicato il 30 novembre 2024 alle ore 13:36

Come ogni genitore ben sa, non basta generare un figlio per diventare genitori. La genitorialità è un processo molto più complesso del solo aspetto procreativo, generativo...

Come ogni genitore ben sa, non basta generare un figlio per diventare genitori. La genitorialità è un processo molto più complesso del solo aspetto procreativo, generativo e non si esprime solo su un piano biologico. La genitorialità si costruisce nel tempo, inizia molto prima del concepimento e mette in moto un insieme di altri aspetti, legati al mondo interno di ogni genitore, al mondo relazionale, alla sfera emotiva e cognitiva, ai vissuti ed altro ancora.

 

Ogni genitore si rende conto del fatto che non basta generare un figlio per diventare genitori soprattutto quando incontra qualche difficoltà nella relazione con il figlio, quando si chiede quale sia il modo migliore di gestire le norme o l’affettività, o quando attraversa momenti di frustrazione in cui ha la sensazione di non sapere quale sia il modo migliore di interagire con il figlio, o quale sia il miglior modo di educarlo.   

In un pionieristico studio, D. Baumrind (1972) individuò tre possibili stili genitoriali: lo stile permissivo, lo stile autoritario e lo stile autorevole.

 

  1. Stile genitoriale permissivo
    Il genitore permissivo è un genitore che di solito è in grado di esprimere un grande calore nelle relazioni con i figli: è attento, affettuoso, ascolta il figlio concedendogli la massima attenzione. Non è però in grado di offrire delle strategie adeguate per quanto riguarda le regole ed i confini da dare ai figli, dai quali del resto spesso non si aspetta grande responsabilità.  
  1. Lo stile genitoriale autoritario
    Il genitore si identifica quale fulcro dell’autorità, la sua parola è legge e come tale immodificabile e non passibile di negoziazione o discussione. Non c’è infatti la possibilità di ascoltare le richieste o le opinioni del figlio al riguardo, non c’è una comunicazione aperta sul piano dei contenuti e delle regole e tanto meno sul piano dei vissuti emotivi e relazionali. 
  2. Lo stile genitoriale autorevole
    Lo stile genitoriale autorevole sembra rappresentare la terza via, quella che non percorre né la strada della permissività né quella dello stile autoritario ma si pone equidistante dai due, in una condizione di maggior equilibrio. Sono infatti presenti le regole e le norme e vengono definite in modo chiaro dal genitore, che rimane il punto di riferimento normativo e affettivo. Tuttavia è possibile anche aprire un confronto sulle regole, metterle in discussione, e quando necessario, è possibile arrivare a una mediazione o a una modifica delle stesse, che rimangono dunque flessibili e aderenti alle esigenze dei figli e dei genitori. 

 

Se ci affacciamo al mondo interno degli individui, però, possiamo scorgere un panorama molto più complesso nella relazione tra genitore e figlio, qualcosa che coinvolge molto di più del semplice rapporto su un piano concreto, di norme o di ruoli. Ogni relazione genitoriale infatti accoglie non solo quanto appare più in superficie ma anche elementi più profondi: i propri vissuti relativi alla genitorialità, le aspettative in merito al bambino che sarà, la maggiore o minore discrepanza tra il bambino fantasticato durante la gravidanza ed il bambino reale incontrato alla nascita, con le sue peculiarità ed il suo temperamento, le aspettative che arrivano dal mondo esterno e dalla famiglia di origine. Tutto ciò comporta un lungo percorso di rielaborazione delle relazioni affettive primarie, quelle vissute nel proprio passato con i propri genitori.

 

Ogni persona affronta la genitorialità con un bagaglio che porta con sé dalle precedenti esperienze vissute in qualità di figlio, con i propri genitori. Entrano dunque nel suo mondo interno anche le immagini interiorizzate dei propri genitori. Inoltre, ogni genitore si trova infatti alle prese non solo con l’immagine interiorizzata dei propri genitori ma anche con l’immagine interiorizzata del bambino che il genitore sente di essere stato per i propri genitori e con l’immagine interiorizzata del proprio figlio così come egli l’ha nel tempo fantasticato e immaginato, già da molto prima della sua nascita.

 

Quando c’è stata una buona relazione nella famiglia di origine con i propri genitori e quando la storia evolutiva è stata sufficientemente positiva, e ha favorito l’interiorizzazione di immagini genitoriali sufficientemente adeguate e responsive, allora il nuovo genitore può consegnare al proprio bambino l’immagine del bambino sufficientemente amato che sente di essere stato nel passato e può allo stesso tempo prendere su di sé l’immagine del genitore sufficientemente amorevole che sente di aver avuto.

 

Quando, però, le immagini interiorizzate dal proprio passato portano con sé aspetti di problematicità che non sono stati sufficientemente elaborati, è possibile che questi aspetti vadano ad interferire nella costruzione della nuova relazione con il figlio e vadano anche a pesare sulla possibilità di sostenere un sano e sereno sviluppo del bambino stesso, che in realtà si trova a rappresentare, attraverso i suoi sintomi di disagio psicofisico o di problematiche dello sviluppo, il disagio della famiglia intera. In questi casi siamo alle prese con i cosiddetti conflitti della genitorialità, conflitti cioè che non riguardano la relazione tra i genitori, ma riguardano la relazione interna che ogni genitore ha con le immagini interiorizzate o le rappresentazioni interne del figlio e di sé come genitore.  

 

Attraverso un percorso di psicoterapia centrata sulla genitorialità è possibile favorire lo sviluppo di rappresentazioni più funzionali del proprio mondo interno, riducendo le rappresentazioni disfunzionali e parassitarie, con una conseguente diminuzione delle manifestazioni di disagio, di sofferenza, o sintomatiche, favorendo uno sviluppo più sano del bambino ed una relazione maggiormente soddisfacente e adattiva.

 

Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Psicoterapeuta

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