La famiglia: miti, mandato e rottura del patto “Sei la pecora nera della famiglia”: una frase di uso comune, un’attribuzione entrata nel gergo quotidiano e, spesso, attribuita all’altro con superficialità. Dietro queste parole, infatti, vi è un riconoscimento che cela una prerogativa negativa.
Essere la pecora nera rimanda, alla persona cui è rivolta, una sorta di distanza dalla presunta normalità della famiglia d’origine. E’ una frase che potrebbe, nella maggior parte dei casi, far sentire la persona marchiata e sbagliata. In realtà siamo di fronte ad una persona che, semplicemente, non condivide pensieri, modi di vivere, tradizioni, credenze della propria famiglia d’origine, gli stessi miti e lo stesso mandato. Avendo interesse, invece, a riconoscerne e difenderne di propri e personali.
Con il termine mito familiare facciamo riferimento ad una serie di credenze abbastanza ben integrate e condivise da tutti i membri della famiglia. Tali credenze riguardano ciascun membro della famiglia e le rispettive e reciproche posizioni ricoperte all’interno della quotidianità familiare. Le credenze familiari non sono contestate dalle persone interessate sebbene possano essere motivo di evidenti distorsioni della realtà. Il mito familiare è tramandato di generazione in generazione; esso è in parte reale ed in parte creato dalla fantasia. E’ perpetuato attraverso il racconto di storie reali, aneddoti o attraverso la narrazione di accadimenti in forma di romanzo, rielaborando o deformando attraverso la fantasia, i particolari della realtà. “Nella nostra famiglia non ci sono mai problemi”, “In famiglia ci diciamo sempre tutto”, “Tu sei la causa di tutti i nostri problemi”, “Non ci capiremo mai”: modi di dire, frasi fatte, ripetute come una cantilena, giorno dopo giorno, che creano nel tempo falsi miti di perfetta armonia e condivisione familiare o, viceversa, di capro espiatorio ed incomunicabilità.
Le storie e le dinamiche sono raccontate e rinforzate all’interno della famiglia d’origine. Principio ancora più importante, le storie ricordano a ciascun membro ciò che deve essere e ciò che non deve essere, ciò che deve fare o non fare, i ruoli da ricoprire, i valori da perseguire, chi scegliere come partner, la modalità di relazionarsi con gli altri e, di conseguenza, la modalità di affrontare i problemi e rispondere agli eventi dolorosi. La trama familiare si ripete nel tempo ed a cambiare sono solo i soggetti interessati in quella generazione. Direttamente o indirettamente, il sistema familiare influenza in modo rilevante ciò che siamo e ciò che facciamo. Il mito familiare definisce, pertanto, il mandato familiare che ogni individuo è indirettamente chiamato a portare avanti per non mancare di rispetto ed adesione al patto di famiglia.
Le credenze di ciascuna famiglia assumono il carattere di mito perché non sono messe in discussione né sottoposte a verifica dai membri, tuttavia generano insicurezza. Anche quando, inevitabilmente, il mito arriva ad essere considerato da una persona esterna fallace e inesistente, per i membri della famiglia questo appare, comunque e sempre, una verità assoluta ed indiscutibile. Potrebbe accadere, però, che un membro della famiglia, entrando in contatto con realtà diverse, non si ritrovi più in sintonia con le credenze familiari con cui è cresciuto. Egli potrebbe manifestare l’impellente necessità e volontà di svincolarsi da tali miti, mettendone in discussione il relativo mandato familiare.
Nelle famiglie non patologiche, i miti mutano di generazione in generazione con lo scopo di armonizzare i valori del passato con le esigenze attuali. Al contrario di quanto avviene nelle famiglie disfunzionali, il sistema familiare non è rigido e resistente al cambiamento. All’interno dei nuclei familiari rigidi, di fronte al cambiamento, i membri sono costretti ad agire secondo regole prefissate al fine di mantenere l’omeostasi del sistema, apparentemente protettiva. Ne consegue una mancata o superficiale considerazione di quelli che sono i bisogni individuali di ciascun membro. Col passare del tempo, a causa di questo stato di frustrazione, il componente familiare potrebbe sentire la necessità di prendere le distanze da quelli che sono stati, fino a quel momento, i suoi riferimenti familiari.
Questo atteggiamento è di norma vissuto dal resto della famiglia come un tradimento, un attacco che pone in crisi l’equilibrio del sistema familiare e l’affiatamento fra i membri. Il soggetto inizia ad essere considerato diverso, lontano da quelli che sono i principi e le qualità del nucleo familiare, iniziano inevitabilmente i confronti, manca la comprensione reciproca, i giudizi sono prettamente negativi e la persona è etichettata come la pecora nera della famiglia. L’equilibrio vacilla, l’omeostasi è in pericolo ed il nucleo decide di isolare, o addirittura espellere, l’elemento estraneo.
L’idea del clan che condivide tutto e per sempre cozza con la realtà. Ogni persona presenta idee e bisogni peculiari che possono non essere in perfetta sintonia con ciò che condivide il resto della famiglia. Nella realizzazione di noi stessi e della nostra individualità, ad un certo punto della vita è normale scindere ciò che ci è stato tramandato dagli altri dai nostri bisogni reali. Una famiglia elastica ed aperta al cambiamento ed all’individualizzazione non dovrebbe, quindi, vivere in maniera negativa la necessità dell’altro di esprimere la sua personalità. Accettare la diversità e originalità dell’altro, evitando di farlo sentire sbagliato, impedirà la costruzione di un bagaglio di emozioni giudicanti e squalificanti che il soggetto potrebbe portarsi dietro per molto tempo, influenzando o bloccando le sue scelte di vita naturali.
Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Psicoterapeuta
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