Perché non mi chiama? Perché preferisce uscire con gli amici? Perché mi tratta sempre così? Perché se mi ama così tanto non rende ufficiale la nostra relazione?
Se hai difficoltà a rispondere a tutti questi perché, forse la risposta è questa: si tratta dell’uomo sbagliato. E se così fosse, come mai ti capita sempre? E non riesci ad uscirne?
Donne al limite dell’autolesionismo, spesso disperate, sottomesse, stanche, in molte calpestano l’orgoglio, accusano la sfortuna, si barricano dietro la rassegnazione e ripetono lo stesso copione. Per comprendere come mai i nostri desideri spesso ci conducono tra le braccia delle persone che meno ricambiano, occorre un po’ di coscienza critica e sicuramente un salto nell'infanzia.
Stili di attaccamento e relazione di coppia
Gli uomini sbagliati non arrivano per caso, né rappresentano una totalità: le donne sono in grado di scovarli con la stessa accortezza con cui scartano quelli che potrebbero renderle felici ma da cui non sono attratte. Non si tratta solo di chimica o del fascino del cattivo ragazzo, è piuttosto un impulso inconscio che affonda le radici nell'infanzia.
Nell'infanzia si strutturano delle modalità relazionali con i genitori che nell'età adulta vengono utilizzate per la scelta del partner, cioè si tende a sceglierlo per somiglianza o per contrasto al caregiver. Il caregiver, secondo John Bowlby, noto psicoanalista britannico, è colui che si prende cura del bambino, la persona con cui il bambino appena nato è tendenzialmente portato a sviluppare un forte legame di attaccamento, in genere i genitori.
Secondo la teoria dell’attaccamento le relazioni affettive che intraprendiamo da adulti seguono una sorta di modello che si basa su quello che si è strutturato nel primo rapporto madre-bambino, padre-bambino. E’ infatti all'interno di questa precoce relazione che si formano le rappresentazioni e le immagini mentali di sé stessi (di come siamo), dell’altro e di cosa accade quando entriamo in relazione con l’altro. In qualche modo sviluppiamo dei modelli di come funziona il mondo intorno a noi che, una volta formatisi, tendono a ripetersi nel tempo in maniera abbastanza stabile ed all'interno delle diverse relazioni affettive.
In età adulta, infatti, sembra che il meccanismo di selezione del partner sia influenzato dalle esperienze serene o dolorose vissute durante l’infanzia, le stesse che hanno contribuito a modellare il quadro affettivo. C'è dunque una parte inconscia che ci attira verso persone che innescano una sensazione familiare e capita di scegliere un partner che possa evocare la figura di chi in passato può averci ferito e che oggi potrebbe essere in grado di riscattare le sofferenze provate, colmando il vuoto dell’infanzia e sanando le ferite.
È il caso di una donna che da bambina si è sentita tradita o svalutata da uno dei genitori e adesso cerca un uomo che lo ricordi, sperando stavolta che il partner non la tradisca e non la svaluti e che guarirà la sua ferita. Ma potrà succedere che il suo partner effettivamente la tradirà o maltratterà, evocando in lei sentimenti simili a quelli già provati in passato (vuoto, abbandono, rifiuto, umiliazione) e generando in lei reazioni simili a quelle già manifestate in passato (compiacere, isolarsi, deprimersi), il che renderà difficile la creazione di un rapporto stabile. L’errore non è dunque quello di aver scelto il partner sbagliato, quanto piuttosto l’aver scelto quel tipo di partner per un motivo che apparentemente sfugge, ovvero sanare le ferite dell’infanzia.
Tali modalità di relazione vengono messe in atto in maniera inconsapevole in quanto le prime esperienze relazionali sono iscritte nella memoria implicita o automatica. La buona notizia è che gli stili di attaccamento non sono del tutto irreversibili e possono modificarsi attraverso relazioni nuove e qualitativamente diverse.
Da ciò si comprende che non è una questione di “sfortuna”, non si incontra l’uomo o la donna sbagliata, piuttosto per propri motivi inconsci del tutto personali si resta insieme all'uomo o la donna sbagliata.
Ciò che è importante per riuscire a costruire una relazione affettiva gratificante è proprio cominciare da noi in modo da imparare a conoscere noi stessi e quello che sentiamo.
Conoscere e lavorare su sé stessi, cominciare a chiedersi cosa si vuole veramente e cosa si è in grado di offrire: imparare quindi a comprendere i sentimenti negativi che tengono “intrappolati” in una relazione che fa soffrire con un partner da cui non ci si sente amati o rispettati e cercare di elaborarli alla luce di una maggiore consapevolezza adulta, con l'aiuto di uno psicoterapeuta.
Per questo motivo è fondamentale chiedere aiuto: se sei da sola/o e non riesci ad uscire da questo circolo vizioso, affidati ad un professionista con cui analizzare lucidamente il tuo vissuto e trovare la chiave di volta per un futuro relazionale più sereno ed appagante.
Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Psicoterapeuta immagine by lewel
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