Gli esseri umani sono dotati di un sistema di elaborazione delle informazioni di tipo sensomotorio (fisico), emotivo e cognitivo. Quindi, tutto ciò che ci accade
Gli esseri umani sono dotati di un sistema di elaborazione delle informazioni di tipo sensomotorio (fisico), emotivo e cognitivo. Quindi, tutto ciò che ci accade viene elaborato da diversi canali: le sensazioni fisiche ci comunicano qualcosa nel momento in cui le percepiamo ma solo se contemporaneamente avviene un etichettamento, cioè viene dato un nome ed una spiegazione all’emozione. L’elaborazione delle emozioni richiede, infatti, di dare un significato alle sensazioni fisiche provate in funzione a ciò che sta avvenendo. Se una sensazione fisica si presenta ma a livello cognitivo non viene data una spiegazione dell’emozione provata ed un senso a ciò che sta avvenendo, è molto probabile che quella sensazione fisica rimarrà bloccata a livello fisico: a lungo termine possono presentarsi sotto forma di fastidi, disagi, dolori o sintomi inspiegabili che talvolta, se non compresi, possono acutizzarsi o cronicizzarsi.
Perché a volte cerchiamo di non provare emozioni?
La mente vuole aiutarci a non provare più emozioni dolorose intense perché tutto ciò che ci capita e ci ferisce in modo profondo si stampa nella nostra memoria e ci manda un segnale ogni qualvolta si può presentare di nuovo uno stimolo uguale o simile. Ovviamente, da un punto di vista evolutivo, è sicuramente uno scopo fondamentale quello di autoconservazione ed autotutela ma talvolta le strategie utilizzate non sono davvero funzionali ai nostri scopi.
Ad esempio, se una persona ha paura di restare sola, può tentare di evitare di provare rabbia, perché questa emozione incrementa il rischio che il rapporto possa terminare. Questa relazione, però, avrà comunque grandi probabilità di finire in ogni caso perché fondata sull’insoddisfazione e sulla negazione di ciò che sentiamo. Col passare del tempo si potrebbe avere la sensazione di non sentirsi più sé stessi o di sentirsi vuoti. Inoltre, la rabbia quando non viene espressa si accumula e può cercare un canale fisico per sfogarsi (sintomi psicosomatici) oppure può portare a sfoghi eccessivi ed inopportuni di collera che potrebbero compromettere una relazione importante, affettiva o lavorativa.
Nella maggior parte dei casi il blocco delle emozioni avviene per non percepire altre emozioni, più intense e dolorose che vengono vissute come terribili e catastrofiche. Ad esempio, la rabbia precedentemente citata aprirebbe lo scenario alla paura della solitudine, emozione spesso intollerabile e terrificante. D’altra parte a volte lo scopo è far sì che non si generino pensieri che possano contrastare con le nostre aspettative o con quello in cui crediamo. La nostra determinazione può essere talmente forte da portarci a negare l’evidenza dei fatti pur di rimanere coerenti alle nostre idee e credenze. E’ come se la nostra mente si comportasse come uno scienziato che invece di valutare le prove che confutano la sua teoria, valutasse unicamente le prove a favore. Si tratta di un potente autoinganno: per paura di perdere un’altra persona o di perdere le nostre convinzioni, rischiamo di perdere e di tradire noi stessi.
Quali sono nello specifico le strategie che si possono mettere in atto per non sentire?
RAZIONALIZZARE: provare a dare una spiegazione razionale ad ogni evento senza permettersi di vivere l’emozione. L’uso eccessivo della razionalità per affrontare o cercare di risolvere i problemi produce un maggiore distacco dalle emozioni e dalle sensazioni fisiche. Questo può portare ad una difficoltà nella manifestazione delle emozioni e nella gestione dei rapporti interpersonali, che, a lungo termine, porta un impoverimento delle sensazioni e a non godersi pienamente la vita.
TRATTENERE: fin da piccoli veniamo istruiti all’autocontrollo, cioè a gestire in modo adeguato le emozioni. D’altra parte, però, siamo spesso sottoposti a numerose situazioni stressanti che ci porterebbero verso lo sfogo spontaneo di ciò che sentiamo dentro. Questo significa che in noi possono coesistere due scopi contrapposti: sfogare ciò che sentiamo dentro e tentare di reprimere per il timore di pagarne le conseguenze. Col tempo questo meccanismo, però, può portare a cumuli di emozioni represse e non gestite che possono sfociare in sfoghi di rabbia, attacchi di panico o di ansia, eccessi di paura o risate inappropriate. Una persona che si obbliga a trattenere impiega molte delle sue energie in questo scopo e può avere delle conseguenze anche a livello fisico: dolori muscolari, contratture, gastriti, coliti, mal di testa, ecc.
DISCONNETTERSI: si tratta di un distacco dalle emozioni che può portare ad una reale difficoltà o incapacità a sentire le emozioni ed i segnali che emergono dal corpo. Esistono diversi gradi, a partire da una ridotta capacità di sentire fino ad una quasi totale capacità di sentire (alessitimia).
PREOCCUPARSI ECCESSIVAMENTE DEL FUTURO E NON VIVERE IL PRESENTE: tutti abbiamo paura del futuro e dell’incertezza di ciò che ci può capitare. Magari abbiamo grandi progetti per la nostra vita ed abbiamo il timore che tutto possa andare a rotoli, oppure d’altra parte possiamo non avere idea di ciò che vogliamo dal futuro ma sentiamo il tempo scorrere troppo velocemente. Talvolta, in alcune persone, può esservi un forte timore del domani ed il proprio scopo di vita diventa quello di pensare incessantemente a cosa fare della propria vita per potervi dare un senso in modo da sentirsi utili in questo mondo. Tutto ciò può generare un’intensa ansia che può bloccare. In questi casi l'unico canale emotivo presente è rappresentato dall’ansia mentre tutto il resto rimane congelato. Si vive a metà e nel tentativo di evitare che accada qualcosa di brutto si perde il contatto con il presente, con il qui ed ora e con ciò che ci gratifica nel momento presente.
ASPETTI DEPRESSIVI: avvertire frequenti cali dell’umore è prima di tutto un segnale che ci dice che qualcosa non va nella nostra vita, nei nostri affetti, nella nostra routine, o che siamo disturbati da brutti ricordi dei quali ci vorremmo occupare in qualche modo. Potrebbe anche essere un modo per richiamare l’attenzione dell’altro affinché si accorga che non stiamo bene e che abbiamo bisogno di un sostegno in un momento difficile. Inoltre, la tristezza e la presenza di aspetti depressivi possono anche emergere in relazione ad una vita priva di un adeguato benessere, dove non c’è spazio per il piacere. Talvolta questa condizione può diventare una costante nella nostra vita, un modo per rifugiarci in noi stessi ed una strategia per tenerci lontani dall’affrontare le difficoltà in modo più attivo.
DIPENDENZE: esistono numerose dipendenze oltre a quelle più comuni come l’uso di sostanze o l’alcol: tra queste vi sono il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo, il cibo, il sesso, l’abuso i farmaci, le sigarette, il cellulare, internet, ecc. Le dipendenze dovrebbero avere lo scopo di proteggerci, attenuando una sofferenza percepita ma lo fanno a caro prezzo. Rappresentano un contenitore emotivo, un interruttore che serve a non farci sentire il dolore, mettendo il cervello in off. La paura di sentire è talmente grande che non è possibile pensare alle conseguenze di queste azioni ma è possibile trovare modi più funzionali per incanalare le emozioni.
In questi casi un percorso di psicoterapia può essere fondamentale per chi ha difficoltà a mettersi in contatto con le proprie emozioni allo scopo di comprenderne il significato ed in modo da accedere ai propri bisogni.
Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Pscoterapeuta
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