Quando si parla di emergente nel gruppo familiare occorre allargare il campo di osservazione passando da una prospettiva individuale ad un vertice gruppale.

Pensiamo quindi alla famiglia come sistema, non ai singoli individui, cioè alle relazioni e ai vincoli che si costituiscono e si formano tra i diversi componenti della famiglia.
La nozione di emergente ci aiuta a prendere in carico la famiglia, senza definire una patologia enunciata per sempre o una disabilità fissata nel suo quadro psicopatologico. Il nostro compito sarà di lavorare per rompere gli stereotipi che organizzano e determinano abitudini ostinate e vincoli patologici di fronte a situazioni nuove.
Lavorando col gruppo familiare l’emergente ci segnala la rotta di come si trasforma un meccanismo difensivo rigido e patologico in un processo di salute, anziché rimanere nelle secche stagnanti della malattia.
Nel nostro schema di riferimento non identifichiamo la malattia o una certa sintomatologia con l’individuo ma esiste un’articolazione ed una organizzazione che la sovradeterminano e queste vanno ricercate e scoperte nella storia e nelle vicissitudini dei vincoli familiari.
La nozione di emergente è centrale nella Concezione Operativa di Gruppo e ci dà la possibilità di mettere un interrogativo sulla relazione paziente, utente, disabile e il suo gruppo familiare. Tale linea di ricerca si articolerà e si svilupperà su come si configurano i vincoli familiari nella loro organizzazione o disorganizzazione nel contesto della vita quotidiana.
Questa linea di ricerca su come si sviluppano,si inibiscono o si attaccano i vincoli familiari amplia il campo di osservazione su come la struttura familiare ha prodotto un certo tipo di emergente o sintomo che viene depositato sul paziente, per il quale generalmente viene formulata qualsiasi richiesta di orientamento di prevenzione o terapeutica-riabilitativa o assistenziale. Per meglio comprendere i meccanismi che producono l’emergente riprendiamo la teoria delle tre “D”di Pichon Rivière: depositario, depositante e deposito.
Considerare il paziente come emergente del gruppo familiare, ci permette di analizzare, come operatori-osservatori, l’incrocio tra la storia personale del paziente, la sua individualità, gli aspetti affettivi, le identificazioni inconsce ed i suoi deficit; questi aspetti vengono nominati verticalità e l'orizzontalità del gruppo familiare cioè la storia, i miti incluso quello di origine che è uno degli organizzatori familiari centrali, i segreti, i fantasmi inconsci gruppali e le complicità.
Quando consideriamo il paziente come emergente questo ci segnala una situazione non chiara, latente della struttura familiare che lo ha prodotto ma, nello stesso tempo, nel processo gruppale l’emergente può essere una parola, un’azione, un gesto, un silenzio, un lapsus, un atto mancato che insorgono su un piano più manifesto. Ciò rappresenta la punta di un iceberg che emerge da un magma e che ci svela quelle parti latenti che sono impensate ma agite e che emergendo permettono all’operatore di costruire una linea di interpretazione e di significazione da restituire alla comprensione del gruppo familiare. Perciò è necessario creare uno spazio di pensiero per realizzare un altro grado di coscienza, trasformando l’impensato in un atto di pensiero, dando una fluidità alla dinamica familiare diversa da quella cristallizzata che ha prodotto la situazione disfunzionale.
La nozione di emergente diventa operativa quando consideriamo la famiglia all’interno di una concezione teorica sui gruppi.
La famiglia è un gruppo umano “pre-formato” inserito in un sistema di norme e regole che a seconda del momento storico e sociale mutano e sono legate al contesto culturale e geografico di appartenenza.
I componenti sono legati tra loro da vincoli affettivi libidici e hanno compiti di natura procreativa, di sostentamento, economici e di socializzazione, sia su un piano manifesto che su un piano latente.
Quando dobbiamo comprendere come si formano queste relazioni e questi vincoli tra due e più persone, per noi non ha senso, quando lavoriamo con il gruppo familiare, prendere il padre o la madre individualmente, ma dobbiamo vedere, osservare e analizzare come si sono costruiti i vincoli tra di loro. Per esempio sappiamo che la storia di un bambino non inizia nel momento in cui viene al mondo ma prima della nascita si scatenano desideri e fantasie del posto e ruolo che gli verrà assegnato. I giochi fantasmatici non sono solo della coppia genitoriale ma anche dei genitori del padre, dei genitori della madre e di tutta la discendenza e il lignaggio che prepara il clima emotivo-affettivo e immaginario in cui il bambino verrà accolto.
Quando un gruppo familiare non sa assumere nel passare del tempo configurazioni, compiti e funzioni diverse, a seconda del momento che sta vivendo, come per esempio, far fronte alle crisi della vita, che evidenziano come, di fronte ad una situazione che muta bisognerebbe elaborarne le perdite, le paure o i conflitti tra dipendenza e indipendenza. Nel momento in cui prevalgono le resistenze al cambiamento il grado di dinamica familiare nell’assunzione e aggiudicazione dei ruoli familiari sarà rigida, fissa e l’ansietà sarà depositata in quel soggetto che ci segnalerà l’emergente del gruppo. Inoltre verranno utilizzati dal gruppo familiare meccanismi di difesa primitivi e stereotipati. L’operatore, di fronte a queste situazioni resistenziali deve offrire un contenitore adeguato, dare uno spazio e un tempo per produrre delle modificazioni e delle rotture di questi meccanismi difensivi incistati, al fine di permettere al gruppo stesso di ripensare e rielaborare da un altro punto di vista il loro compito e la loro organizzazione familiare quotidiana.
Quando lavoriamo con la nozione di emergente, nella presa in carico del gruppo-famiglia l’osservazione e la rotta interpretativa devono focalizzarsi su come si organizzano e si disorganizzano le relazioni, le comunicazioni, individuando gli stereotipi che imprigionano pensieri, azioni e i sentimenti che irrigidiscono i processi di assunzione e aggiudicazione dei ruoli e gli effetti di queste relazioni.
Tante volte accade che i genitori chiedono al professionista perché devono venire anche loro quando i problemi li ha il figlio. In realtà quando arrivano alla consultazione, tutti i meccanismi di cambiamento che hanno messo in atto, sono falliti e i loro risultati si sono verificati inefficaci, impedendo un adattamento attivo alla realtà perché di fatto non hanno potuto raggiungere un livello di trasformazione e cambiamento di sé stessi che avrebbe portato ad una modifica del gruppo familiare e più in generale del contesto di appartenenza.
Compito del gruppo familiare dovrebbe essere quello di portare il soggetto all’individuazione e separazione, attraverso l’elaborazione delle differenze generazionali dei componenti del gruppo familiare; differenze che sono sessuali, di compiti e delle funzioni che vengono svolte. Sostenere e promuovere le differenze significa arrivare ad elaborare gli aspetti più simbiotici dei vincoli familiari più fusionali, cioè agire verso l’elaborazione e lo sviluppo degli aspetti più discriminati tra l’Io e l’Altro, per attivare quel processo di differenziazione e di sviluppo dell’identità-appartenenza degli individui.
Soltanto attraverso la differenziazione ci può essere il dialogo che favorisce una comunicazione meno stereotipata e legami più liberi dai pregiudizi.
Dott.ssa Raffaella Pantini Psicologa e Psicoterapeuta
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